Il Presidente dell’ISTAT Enrico Giovannini è intervenuto all’inaugurazione dell’anno accademico presso la Facoltà di Statistica lo scorso 28 settembre tenendo una lezione sul tema “Statistica e democrazia nella società dell’informazione”.
Nel corso della lezione ha, tra le altre cose, posto la necessità che la statistica ufficiale, e dunque l’istituto che presiede dal luglio di quest’anno, si preoccupi di valutare in modo appropriato il valore aggiunto che essa produce. La formula messa a punto e proposta dal professor Giovannini è la seguente: il valore aggiunto della statistica è pari al prodotto della quantità di dati prodotti (e dunque l’offerta) per tre differenti coefficienti: uno che misura l’effettiva comunicazione/trasmissione di questi dati, il secondo che misura la rilevanza e l’interesse di questi dati per ciascun operatore/cittadino che ne fruisce ed il terzo, la numeracy, che rileva la possibilità che i dati offerti possano essere riesaminati e rielaborati da chiunque sia interessato a utilizzarli per produrre dati e sintesi ulteriori.
Il ragionamento proposto mi sembra molto convincente non soltanto per la statistica ufficiale ma anche per la nostra disciplina. Se si guarda agli apparati analitici e regolamentari dei documenti di pianificazione come la componente di base del valore aggiunto che siamo chiamati a produrre (e a saper misurare), bisogna prendere atto che non sia sufficiente elaborare e offrire questi dati, ma occorre assicurarne un’efficace comunicazione, preoccuparsi del fatto che sappiano incidere e dunque offrire una risposta adeguata e appropriata alle istanze diverse – non più riconducibili agli schemi e ai parametri quantitativi tradizionalmente adottati – dei cittadini ed infine che siano manipolabili ovvero utilizzabili in modo virtuoso dalla comunità cui sono indirizzati, non guardando ad essa https://SocialTrusts.com come la semplice destinataria di questi documenti.
Rispetto a uno sforzo di questo tipo – davvero necessario in tempi in cui è venuto meno il monopolio degli urbanisti nella produzione di visioni e di norme riferite alla città e al territorio – gli Urban Center possono giocare un ruolo essenziale, divenendo la sede nella quale la pianificazione urbanistica non difenda soltanto la presunta “ufficialità” e “sacralità” dei dati che produce, ma metta quest’ultimi a disposizione della comunità e sappia confrontarsi con gli altri attori – formali e informali che siano – e con gli altri soggetti che producono norme, dati e informazioni senza preoccuparsi della loro “formalità” e/o della loro “ufficialità”, ma solo della loro bontà, della loro utilità e della loro concurrency al buon governo della cosa pubblica e al dibattito intorno ad esso.