Il tema delle risorse associato agli Urban Center può essere esaminato non soltanto dal punto di vista delle risorse necessarie al loro funzionamento nel tempo, ma anche nella prospettiva più ampia della contabilità e dunque del governo dei beni presenti all’interno di una città o di un’area più vasta.
Il governo della città e del territorio è sempre più spesso fondato sulla capacità di controllare e gestire le interazioni connesse alle scelte e alle decisioni dei diversi soggetti che utilizzano, trasformano lo spazio fisico, e l’azione pubblica deve sviluppare una sempre maggiore capacità di re-agire piuttosto che di pre-vedere, facendo i conti dei costi e dei vantaggi che le diverse scelte inducono, e catturando quote dei valori aggiunti che la città, in relazione alle esigenze e agli interessi degli operatori presenti, produce.
Rispetto alla prospettiva di un’azione pubblica chiamata essenzialmente a governare i dividendi, finalizzandone una quota sensibile per il soddisfacimento delle esigenze non gestibili dai singoli operatori o la cui domanda è troppo debole o non è solvibile, gli Urban Center possono essere il luogo più adatto per costruire e gestire i sistemi contabili necessari a far funzionare un’azione di questo tipo.
Si pensi che nella prospettiva più generale del contenimento della pressione antropica sull’ambiente le singole trasformazioni – più o meno rilevanti – possono concorrere all’aumento di questa pressione o, al contrario, neutralizzare gli impatti indotti ovvero contribuire al necessario ménagement territorial, se soltanto all’esigenza di coimputare i costi per l’urbanizzazione – cui sono preordinati sia l’esazione dei contributi concessori sia la cessione delle aree destinate a standard – si affiancasse quella di condividere gli oneri ecologici che l’operazione edilizia e urbanistica nel suo complesso induce.
In questa prospettiva, alla scala urbana e metropolitana, il carico sull’ambiente indotto dalle singole operazioni va contabilizzato nella prospettiva di ridurlo o annullarlo del tutto oppure di utilizzarlo come leva per generare operazioni a somma positiva, al termine delle quali la quota di emissioni liberate o di suoli non ancora urbanizzati che si consumano (per utilizzare dei parametri concretamente comparabili) è inferiore al CO2 assorbito o alle aree rinaturalizzate o agli ecosistemi reintegrati.
In questa fase e a legislazione invariata gli Urban Center potrebbero sperimentare un approccio di questo tipo su base volontaria, da un lato costruendo e sperimentando meccanismi di calcolo degli oneri ecologici che le volumetrie e le superfici fondiarie aggiuntive ma anche le urbanizzazioni e le attrezzature pubbliche – da realizzarsi contestualmente – inducono e dall’altro mettendo in piedi e custodendo delle banche delle prestazioni ecologiche che i singoli operatori possono rendere a fronte della trasformazione e dell’uso della città che pongono essere.
Rimanendo nel campo urbano che è proprio, ma in prospettiva non esclusivo, degli Urban Center, queste prestazioni possono consistere nella ristrutturazione delle aree e delle attrezzature pubbliche nel tentativo di ridurne il peso sull’ambiente, di ricostituire le continuità ecologiche interrotte e di ridurne gli impatti attraverso l’upgrade tecnologico dei manufatti, come pure nella rinaturalizzazione delle aree dismesse ovvero nel concorso alla conservazione/gestione delle aree libere non ancora urbanizzate.
Queste banche di prestazioni ecologiche potrebbero essere attivate contando, da un lato, dalla maggiore disponibilità dei cittadini a cedere, su base volontaria, aree non utilizzabili da gestire e/o mettere in rete (da un punto di vista ecologico) ad organizzazioni, per loro natura, indipendenti, e dall’altro dalla possibilità di riservare ad essi la facoltà di proporre l’inserimento nella programmazione delle opere pubbliche delle amministrazioni locali della realizzazione di opere di compensazione ecologica da eseguirsi ricorrendo a capitale privato.
In questo modo – continuando a ragionare rispetto a una fase sperimentale e transitoria durante la quale la coimputazione degli oneri ecologici opererebbe su base volontaria – gli Urban Center al pari delle mitigation bank americane potrebbero funzionare come riserve di prestazioni ecologiche (aree di cui assicurare la conservazione e la rinaturalizzazione oppure portafogli di opere pubbliche da realizzare con capitale privato) offrendo al promotore che realizza un’operazione urbanistica e edilizia la possibilità di alimentare queste riserve facendosi carico dei costi necessari alla gestione di una certa area, cedendone altre ovvero assicurando la copertura finanziaria e le garanzie tecniche per la realizzazione degli interventi di cui sopra, in misura commisurata all’onere ecologico che l’intervento in questione comporta. In cambio l’operatore riceverà una certificazione secondo la quale l’opera realizzata non aumenta la pressione sull’ambiente ovvero contribuisce alla conservazione di una riserva di aree ecologiche o ad una “ristrutturazione ecologica” dei suoli giù urbanizzati, con quello che ciò può contribuire in termini di qualità e di valore del prodotto finale che verrà messo sul mercato.
In questa logica gli Urban Center potrebbero, da un lato, acquisire e sperimentare il know how necessario al funzionamento di una rinnovata azione pubblica e dall’altra accreditarsi in modo crescente come custodi dei beni presenti nelle città, attraendo in questo modo volontari chiamati non solo a confrontarsi con i problemi della città ma anche a prendersi cura direttamente di alcune sue parti, particolarmente preziose non solo perché preservate dall’urbanizzazione oppure opportunamente ristrutturate per abbassarne l’impatto sull’ambiente ma perché rappresentano quasi simbolicamente quel dividendo (l’utile) che una buona gestione della città può assicurare.
In quest’ottica, sul modello di quanto accade con il National Trust che opera nel Regno Unito, gli Urban Center potrebbero funzionare anche come organizzazioni di cittadini che si preoccupano della conservazione e della gestione sostenibile della città e per questa ragione divenire, essi stessi, destinatari di lasciti e di donazioni da aree con le quali arricchire le banche, cui ho fatto riferimento prima, di sempre nuovi beni di cui prendersi cura.